ARCHIVIO VIAGGI REALIZZATI

Le isole veneziane

Venezia
Navigazione tra le isole

San Servolo, San Lazzaro degli Armeni, Burano, San Francesco del Deserto

19 settembre 2015

Partenza con pullman riservato dal parcheggio della Galleria Commerciale San Carlo (piazzale della DOIT VIAGGI) per Fusina

Imbarco sull’imbarcazione riservata a Fusina.

Arrivo all’Isola San Lazzaro degli Armeni.

San Lazzaro degli Armeni: è una piccola isola nella laguna veneziana, che si trova immediatamente ad ovest del Lido; completamente occupata da un monastero che è la casa madre dell’ordine dei Mekhitaristi. Si parte dal al Monastero, edificato nel XVIII secolo, attorno al quale si estende un giardino ben curato e decorato dai padri armeni.  Attraverso un cancello in ferro si accede al suggestivo chiostro e al corridoio che porta alla chiesa di San Lazzaro, dove sono conservati splendidi medaglioni mosaicati che ritraggono i più importanti santi armeni. La visita continua salendo al primo piano del monastero, dove si trovano il Museo e la Biblioteca Mechitarista.Nella sala dei manoscritti sono raccolti e conservati ben 4500 codici, spesso decorati da preziose miniature. Nel gabinetto scientifico, si trova un’interessante collezione di storia naturale e un’avviata tipografia. Una sala del convento è inoltre dedicata a George Byron, poeta che amava molto ritirarsi in questo luogo di meditazione e di studio. Anche la comunità degli Armeni è stata una presenza religiosa forte e radicata nella laguna, che, godendo di un certo prestigio presso l’autorità locale, fu accolta con grande considerazione nell’isola di San Lazzaro già nel 1715 quando l’Abate Mechitar fuggito da Modone invasa dai Turchi, giunse a Venezia con la sua congregazione monastica. Prima adibita a Lazzaretto, l’isola venne ceduta. Riedificata la chiesa e il convento, Mechitar si adoperò per diffondere il sapere in Oriente, anche con l’aiuto di giovani connazionali da lui accolti ed istruiti. Opere scientifiche, letterarie e religiose venivano tradotte in armeno da diverse lingue: dopo la sua morte, venne fondata una tipografia poliglotta (1786) che poté efficacemente sviluppare il progetto di Mechitar. Nacque così un’istituzione che si chiamò dei Padri Armeni Mechitaristi, che fu col tempo arricchita dai lasciti di facoltosi armeni. Il monastero sfuggì alle soppressioni napoleoniche in quanto Napoleone considerò la Congregazione dei Padri Armeni un’accademia letteraria. Annessa al Monastero sorge la chiesa di San Lazzaro, di origine gotica, che fu ricostruita nel XIX secolo, dopo un incendio. Ancora oggi attorno alla chiesetta e al piccolo chiostro ferve un luogo di preghiera e di studio, essendo S. Lazzaro una vera e propria piccola armenia nel cuore della Laguna, abitata da una trentina di monaci dediti alla cura e alla conservazione della cultura armena.Nella piccola isola si trova il monastero dei Padri Armeni, la cui biblioteca conserva un bell’affresco di G.B.Tiepolo, oltre a opere di Palma il Giovane e S.Ricci. Molte sono le opere d’arte conservate e i reperti archeologici egiziani, orientali e romani; oltre ad una ricca collezione di manoscritti armeni.

Arrivo all’Isola di San Servolo. Sosta e visita libera al Parco.

Già a partire dal VIII secolo si hanno notizie della presenza dei monaci Benedettini nell’isola di San Servolo.  Quando parte dei monaci si trasferì nell’isola di S. Ilario (ai margini estremi della laguna Sud, ove sorgeva l’omonima abbazia) l’isola fu contesa dai padovani, per la sua posizione strategica, e fu poi abbandonata nel 1430 per la progressiva erosione. Nel 1109 i Benedettini ancora presenti a S. Servolo lasciarono l’isola per far posto alle suore benedettine provenienti dal monastero dei SS. Leone e Basso abbandonato in seguito alla scomparsa di Malamocco. All’inizio del ‘600 le monache si trasferirono altrove e nel 1648 il Senato accolse a S. Servolo le monache provenienti dall’isola di Candia e ogni ordine seguì i propri riti: rimasto di nuovo deserto il luogo, venne ceduto ai Padri Ospedalieri di S. Giovanni di Dio per i quali la Repubblica fece costruire un nuovo convento, una nuova chiesa e un ospedale per raccogliere i malati di mente appartenenti alle classi nobili che fu successivamente aperto a tutte le classi sociali. S. Servolo mantenne tale uso fino a pochi anni fa. Gli edifici sono affiancati da un grande parco, dove sopravvivono alcuni alberi molto antichi tra cui una palma delle Canarie, che si nota appena sbarcati sull’isola, le grandi piante di agave americana, l’altissima palma di Chusan, di origine giapponese, i grandi pini d’Aleppo, protesi quasi fino a terra a causa delle intemperie, e il secolare ulivo. A testimonianza del passato conventuale dell’isola troviamo traccia di un frutteto rustico, un tempo coltivato da monaci, suore e patri ospedalieri.

Partenza per Torcello.

Arrivo a Torcello . Pranzo alla Trattoria Il Trono di Attila. Dopo pranzo partenza per Burano.

Il suo nome deriverebbe da Boreana, uno dei quartieri della città romana di Altino, o forse una delle sue porte (quella posta a Nord-Est, da dove giungeva la bora). Burano fu infatti fondata, come le altre isole vicine, dagli abitanti di questo centro stabilitisi in laguna per sfuggire alle invasioni barbariche, in particolare agli Unni di Attila e ai Longobardi. Le prime abitazioni erano poste su palafitte con le pareti fatte di canne e fango e solo a partire dall’anno Mille furono costruite case in mattoni. Burano poteva godere anche di un clima mite e salubre grazie ad una certa ventilazione che allontanava la malaria. Il governo locale, di tipo comunale, cadde ben presto sotto l’orbita di Venezia a cui rimase sempre legata.  Il cuore del paese è Piazza Baldassare Galuppi, realizzata interrando un canale, sulla quale si affaccia la chiesa di San Martino. È nota per la lavorazione artigianale dei merletti, nonché per le sue tipiche case vivacemente colorate, sebbene il motivo e l’origine di questa usanza non sia ancora chiaro. Un’ipotesi suggerisce che ogni colore sarebbe semplicemente il simbolo di una determinata famiglia, visto che ancor oggi a Burano vi sono pochi ma molto diffusi cognomi. Per questo motivo a Burano, come in altri luoghi del Veneto, si utilizzano dei soprannomi aggiunti al cognome per distinguere un ramo familiare dall’altro. Un’altra supposizione, forse più fondata, afferma che i colori vivaci servirebbero ai barcaioli per ritrovare la propria casa in presenza della nebbia, che a Burano si presenta particolarmente fitta. L’unica chiesa che si erge nell’isola è quella di San Martino. Famoso il suo campanile, caratterizzato da una forte pendenza dovuta al parziale cedimento dei suoi basamenti, fondati, come alcune parti di Venezia, su palafitte. All’interno di pregevole fattura la Crocifissione del Tiepolo (1725).

Arrivo all’Isola di San Francesco del Deserto.

L’isola di San Francesco del Deserto si trova di fronte a S. Erasmo e a sud di Burano. Le origini dell’eremo che ancora oggi è possibile visitare risalgono ad un ipotetico viaggio di San Francesco d’Assisi: sembra infatti che il Santo sia approdato nel 1220 su quest’isola, di ritorno dall’Egitto. Francesco, assieme ad un anonimo compagno, furono accolti dal festoso canto delle rondini. Di certo, si sa che nel 1233, l’isola venne donata all’Ordine dei Francescani da Jacopo Michiel che vi aveva fatto costruire una chiesa dedicata al Santo. In seguito fu costruito anche il convento e il chiostro rinascimentale. L’isola cambiò proprietari diverse volte: i frati minori osservati, i frati minori riformati, interamente ad uso militare, poi di nuovo ai frati minori francescani che vi ritornarono dopo 600 anni. Dal 1858 in poi, si susseguirono i lavori di restauro dell’intero complesso, che portarono alla luce oltre alle absidi dell’oratorio anche le fondamenta dell’antica chiesa. Esternamente l’isola si presenta con il suo inconfondibile profilo di cipressi che lasciano a malapena intravedere parte del monastero e il campanile.

Partenza per Fusina.
Sbarco a Fusina.
Rientro a Padova.

Quota a persona

90
19 Settembre 2015|

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